Solo quarantanni fa il Parlamento Italiano ha corretto la vergogna della “rilevanza penale della causa d’onore” ossia quel principio che consentiva il cosidetto matrimonio riparatore e riconosceva il delitto d’onore.

Ricordo bene quel 5 agosto del 1981, finiti gli esami di stato ero in vacanza con la mia famiglia, l’ultima vacanza trascorsa al completo, e il giorno del patrono della mia Ascoli Piceno noi eravamo in campeggio in Calabria e mi fermai a seguire con mia sorella maggiore la notizia al telegiornale.

Il Codice Penale prevedeva, all’articolo 544 che “per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”. e, fino al 1996, la violenza sessuale è stata inquadrata come reato contro la morale e non contro la persona.

Conosce bene queste cose Franca Viola che, nel 1966 andò a processo perché si oppose al matrimonio riparatore e che disse in aula “Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce”.

Finalmente nel 1975 fu varato l’attuale diritto di famiglia restituendo dignità alle donne nella compagine familiare parificando il ruolo della moglie a quello del marito e consentendo che le donne non siano completamente cancellate: precedentemente la donna perdeva il cognome da nubil e non poteva esercitare la podesta sui figli…

Nel 1981 il parlamento italiano si accorse che la “rilevanza penale della causa d’onore” che cozzava terribilmente con quanto sancito da nuovo diritto di famiglia ma, ancora oggi, malgrado anche le pronunce della Corte Costituzionale Sentenza n. 286/2016 e Ordinanza n. 18/2021 permane il patriarcato non consentendo uguale trattamento alla trasmissione del cognome materno e paterno ai figli.