Cambia il lavoro ai tempi del covid-19 perché molte attività si sono fermate e quelle ancora attive hanno cambiato l’organizzazione del lavoro dando finalmente operatività ai diversi provvedimenti e indicatori che, da oltre quattro anni, parlano di lavoro agile meglio conosciuto come smart working.

È così che anche in Italia si è scoperto il valore del lavoro online le cui caratteristiche – in positivo e in negativo – erano ben note tra le addette ai lavori da quasi un decennio.

Ricordo che nel 2012 sono stata relatrice in un convegno sul tema “lavorare da casa” ed esaminai i pro e i contro di questa forma di lavoro che veniva proposta alle donne come soluzione alla cosiddetta conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e su come sia fondamentale avere il giusto approccio per non venire sopraffatte.

Conclusi con una certezza ossia che lavorare da casa non è per tutti e, sicuramente, aiuta a riappropriarsi della casa, della famiglia e delle dinamiche familiari. Ed anche con una conseguente provocazione: le donne conoscono bene le loro case e, allora, perché non far lavorare da casa gli uomini?

Negli anni ho continuato ad osservare il fenomeno che, tra l’altro, mi coinvolge sia personalmente che professionalmente occupandomi di organizzazione del lavoro e di non discriminazione.

Da un mese a questa parte tutte le attività che lo consentono sono diventate lavorabili online ed in particolare quelle delle pubbliche amministrazioni (oltre il 60% sono donne), la scuola (oltre il 75% sono donne) e le libere professioni (oltre il 65% sono donne).

Tra le attività rimaste attive spiccano la sanità (circa il 68% sono donne), il commercio (circa il 55% sono donne) e i servizi alle imprese come le telecomunicazioni (circa il 65% di donne.)

Ne risulta, quindi, che sono in maggioranza le donne ad essere occupate in questo periodo covid-19 e, soprattutto, in attività ad altro contatto con il pubblico oppure in telelavoro.

Queste donne che lavorano da casa si trovano a dover gestire contemporaneamente al lavoro, le dinamiche familiari che sono rese più complesse dalla convivenza forzata e dalla gestione della scuola online dei figli e le frustrazioni dei padri che, nella migliore delle ipotesi, decidono di dedicarsi ad attività di manutenzione della casa creando ulteriori disagi.

Il vero cambiamento a cui dovremmo arrivare è quello di smetterla di riferirci alle dinamiche familiari parlando di conciliazione e concentrarci esclusivamente sulla condivisione dei carichi.

Come ho spesso sottolineato il concetto di conciliazione viene utilizzato nel linguaggio giuridico quando si forza la convergenza tra due linee d’interessi che, altrimenti, non s’incontrerebbero.

Ebbene, tra persone che hanno progettato un percorso di vita comune non può esserci una divergenza di obiettivi e, quindi, parlare di conciliazione è inappropriato.

Si possono, invece, condividere i carichi gestionali e si deve attivare un percorso di coopetizione nel rispetto delle individualità e del nucleo familiare.

Coopetizione vuol dire vincere insieme raggiungendo un obiettivo comune senza dimenticare gli obiettivi personali ossia competere ma in modo cooperativo.

Auspico, allora, che questo tempo insegni a tutti la coopetizione!