Ancora chiamano l’8 marzo festa, forse perché si mettono nei panni di chi, ogni giorno, “fa la festa” ad una donna discriminandola con i modi e con le parole, molestandola, violentandola o ammazzandola.

L’8 marzo è un giorno simbolico per riflettere sulla condizione femminile e sulle discriminazioni di genere che sono la premessa per fatti e misfatti che si perpetrano nelle nostre città, nelle case e nei luoghi di lavoro.

L’attuale società è esasperata nei modi, nei comportamenti e nelle parole che rivelano ogni giorno insofferenza verso il diverso da parte di chi si sente superiore e in diritto di sottomettere.

Per anni l’uomo ha avuto la pretesa di sottomettere la donna che ha dovuto lottare per emanciparsi ma gli stereotipi sono duri da smantellare perché sono parte integrante della cultura e, quando dalle donne si era preteso tutto, il predominio si è rivolto contro gli altri esseri che avevano l’ardire di essere diversi.

Le discriminazioni sono diventate tali da rendere necessario, circa settant’anni fa un richiamo specifico nella nostra Costituzione che, all’articolo 3 dichiara che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”

Ma continuiamo a scagliarci contro chi è diverso da noi e ciò avviene in modo sempre più violento e sempre utilizzando espressioni e modalità sessiste ossia che facendo esplicito riferimento al genere o alle preferenze o abitudini sessuali – anche presunte – di chi intendiamo colpire.

Due i percorsi d’intervento che, però, non sembrano bastare e che continuano a cozzare con mentalità chiuse ed autoreferenziali che non sanno prefigurare gli effetti e neanche sanno fare tesoro della storia.

Il primo percorso, legislativo e d’intervento, si basa su specifiche leggi sia per il riequilibrio di genere che per la protezione delle vittime e la denuncia degli eventi nonché sullo sviluppo di reti tra le Istituzioni e le Associazioni che si avvalgono di Centri Anti Violenza e Case Rifugio.

Il secondo percorso tende a smontare gli stereotipi e far evolvere la cultura attraverso azioni mirate e progettate nelle scuole e, con la Legge 107 del 2015, a stabilire che va garantita “l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori.”

un mio intervento pubblicato dal Resto del Carlino ed Ascoli Piceno dell’8 marzo 2019 – pagg 1 e 4