E’ vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale.

La discriminazione di cui al comma precedente e’ vietata anche se attuata:

  1. attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza;
  2. in modo indiretto, attraverso meccanismi di preselezione ovvero a mezzo stampa o con qualsiasi altra forma pubblicitaria che indichi come requisito professionale l’appartenenza all’uno o all’altro sesso.

Il divieto di cui ai commi precedenti si applica anche alle iniziative in materia di orientamento, formazione, perfezionamento e aggiornamento professionale, per quanto concerne sia l’accesso sia i contenuti.

Eventuali deroghe alle disposizioni che precedono sono ammesse soltanto per mansioni di lavoro particolarmente pesanti individuate attraverso la contrattazione collettiva.

Non costituisce discriminazione condizionare all’appartenenza ad un determinato sesso l’assunzione in attività della moda, dell’arte e dello spettacolo, quando ciò sia essenziale alla natura del lavoro o della prestazione.

Questo è il testo del primo articolo della Legge n. 903/1977 che, per la prima volta in Italia, sancisce la Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro.

Sono trascorsi 30 anni e, ancora, c’è tantissimo da fare e non solo in questo campo.

Le donne continuano ad essere discriminate, oggettizzate e, soprattutto, non sempre percepiscono di essere discriminate perché si sono assuefatte alla condizione di dover sempre competere e dimostrare il loro valore.

Competitor delle donne sono gli uomini che non restano a casa per accudire i figli e, per questo, vengono erroneamente considerati più affidabili…come se l’affidabilità consista nel delegare esclusivamente ad altre la crescita di figli che, invece, son stati datti in due.

Competitor delle donne sono, spesso, le altre donne che “per natura” sono sempre state in competizione come femmine che devono accaparrarsi il maschio migliore per la riproduzione.

Donne cresciute con gli stereotipi di fiabe e miti ricchi di figure femminili acide e fatali. Pensiamo alle sorellastre che pur di non vedere Cenerentola al ballo del principe le strapparono il vestito, alla matrigna di Biancaneve invidiosa della bellezza della figliastra, alla signorina Rottenmeier, la zitella che vedeva nella povera Heidi una minaccia oppure a Medusa che invidiava a tal punto Ariel da prenderle prima la voce e poi provare a rubarle il bel principe.

Ma le donne, troppo occupate a dimostrare il loro valore non si accorgono di essere ingabbiate in quest ruolo, non si accorgono delle continue discriminazioni che ricevono negli sguardi, nei linguaggi, negli atteggiamenti, dai media, a casa, a scuola al lavoro…

Per questo motivo, e tanti altri ancora che scoprirete nello scorrere degli interventi, abbiamo scelto di parlare, il 5 maggio 2017 nella Sala della Ragione del Palazzo dei Capitani del Popolo di Ascoli Piceno, di Discriminazioni di genere: violenza, lavoro e diritti, mass media, femminismi, emergenza laicità e autodeterminazione oltre i generi.