A prescindere da ciò in cui crediate vi propongo un’interessante riflessione di alcune suore Clarisse sul vangelo di oggi e molto conosciuto Mc 14,1-15,47

C’è una contraddizione evidente narrata nella liturgia odierna. Quella di una folla che accoglie Gesù in maniera trionfale e regale, ma che qualche giorno dopo grida “crocifiggilo”.

Ma c’è anche la contraddizione di un Pietro che dice di essere disposto a dare la vita per il Signore e poi, davanti alla domanda di una semplice serva, dice che non lo conosce.

E c’è la contraddizione di tutti i discepoli che hanno condiviso le cose più importanti nella vita di Cristo e che, davanti alla sua sofferenza e al suo dolore, o si addormentano o scappano…

Perché la liturgia ci racconta questa contraddizione?

Forse si tratta di un avvertimento per vivere bene la settimana santa.

Quando leggiamo i racconti della passione non ci sono i buoni e i cattivi, ma quelle luci e quelle ombre sono presenti dentro ciascuno di noi. E il proposito più bello che possiamo fare è scegliere, una volta per tutte, da quali parte vogliamo stare.

Cioè scegliere una volta per tutte di essere sì discepoli, ma di accettare anche che noi siamo quei discepoli che scappano, quei discepoli che tradiscono, quei discepoli che poi, a un certo punto, si mettono d’accordo con Pilato e fanno crocifiggere Gesù fuori dalla città di Gerusalemme, mettono Gesù fuori dalla loro esistenza.

Solo quando abbracciamo questa contraddizione che abita ciascuno di noi possiamo anche vivere bene la Pasqua. Soltanto quando accettiamo di essere così falliti, così traditori, così capaci di essere contraddittori, allora possiamo poi permetterci di dire che cosa vogliamo veramente e da quale parte vogliamo stare.

Ecco, la Settimana Santa è il racconto di un fallimento, che poi diventa una grande vittoria.

L’augurio è che ciascuno di noi, a partire dai propri fallimenti e quindi dalla propria croce, possa sperimentare la gioia della vittoria della risurrezione.