(con un particolare sguardo alla Provincia di Ascoli Piceno)
Nel mio ruolo di Consigliera di Parità (per la Provincia di Ascoli Piceno dal 2001 e per la Regione Marche dal 2011) ossia di figura tecnica che si occupa sul territorio e per incarico del Ministero del Lavoro delle discriminazioni di genere non posso esimermi dal puntualizzare alcuni aspetti legati alle vicende contingenti.
Nella Regione Marche, così come in altre in Italia, si stanno svolgendo manifestazioni ad Ancona (18 luglio), Ascoli Piceno (25 luglio), Fano (11 luglio), Pesaro (18 luglio) e San Benedetto del Tronto (23 luglio) contro il DDL Zan con lo slogan Restiamo Liberi.
Sabato scorso ad Ascoli Piceno, in concomitanza con questa manifestazione in Piazza del Popolo a cui hanno partecipato politici ed amministratori cittadini, si è svolta una contromanifestazione di ragazze e ragazzi con il contro slogan Diventiamo liberi.
A prescindere da quanto accaduto e dalle strumentalizzazioni politiche (qualcuno potrebbe dire anche mie) sento la necessità di fare informazione tecnica rispondendo al mio ruolo perchè il DDL Zan incide anche sui compiti delle Consigliere di Parità.
In premessa bisogna segnalare il preoccupante aumento della misoginia e dei femminicidi: in Italia una donna su tre ha subito qualche forma di violenza, fisica o psicologica, nella sua vita. A queste si aggiunge che circa il 75% della popolazione lgbtq ha subito violenze di vario tipo che molto raramente vengono denunciate.
Nel 2013 venne approvata la Legge n. 119 sul contrasto della violenza di genere che, però, prevede le aggravanti soltanto nei casi in cui la donna vittima sia in stato di gravidanza. Il femminicidio continua ad essere trattato penalmente come un qualsiasi omicidio malgrado il riconoscimento di componenti legate alla misoginia.
La CEI si è pronunciata nella prima decade di giugno manifestando delle perplessità sulle proposte di legge ma ancora il DDL Zan non aveva preso corpo, si tratta infatti della sommatoria di cinque proposte presentate nella legislatura (la prima proposta fu del 1996) ed è stato redatto il 14 giugno per essere poi adottato come testo base dalla commissione giustizia per la discussione in parlamento.
Il testo in discussione tratta di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere, è composto da 9 articoli ed ha subito una prima importante integrazione il 24 giugno per fugare i dubbi interpretativi sollevati dalla CEI.
Lo illustro brevemente:
- Gli artt. 1 e 2 modificano il codice penale su propaganda e istigazione a delinquere aggiungendo ai già presenti motivi per discriminazione razziale etnica e religiosa anche quelli fondati sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere
- L’art. 3 equipara le pene per chi incita a commettere o commette violenza per motivi fondati sull’orientamento sessuale a quelli per motivi razziali, etnici, riferiti alla nazionalità o religiosi (legge Mancino).
- L’art. 4 aggiunge all’odio razziale anche l’odio fondato sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere e riconosce le persone lgbtq come vittime “vulnerabili”.
- L’art. 6 adegua il D Lgv 215/2003 (quello su cui operano le Consigliere di Parità) aggiungendo prevenzione e contrasto delle discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere.
- L’art. 7 incrementa il fondo per la prevenzione e il contrasto della violenza
- L’art. 8 prevede studi statistici periodici
- L’art. 9 è sulle coperture finanziarie.
Questo impianto iniziale è stato integrato, il 24 luglio, con un emendamento all’art. 2 che inserisce la seguente frase “Ai sensi della presente legge, sono consentite la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee e alla libertà delle scelte” che ribadisce la libertà di opinione già sancita dalla nostra Costituzione (Art. 21. Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure).
Questi sono gli aspetti tecnici che non lasciano spazio ad interpretazioni di parte così come il mio ruolo di pubblico ufficiale richiede. Continuo ad essere a disposizione di quanti vorranno consultarmi o chiedere ulteriori chiarimenti tecnici.