Continuano a chiamarle quote per far passare il concetto in modo distorto ed indurre donne ed uomini alla diffidenza ed a prendere le distanze da quello che, invece, è un concetto molto più ampio.

Parliamo di equilibrio di genere ossia di traslare un equilibrio anagrafico tra donne ed uomini anche nei luoghi “di potere” quali gli organismi societari e gli organi amministrativi politici.

La storia non è affatto recente, già 2.500 anni fa Aristofane fa dire a Lisistrata che le donne, amministrando le case, sono in grado di amministrare anche la cosa pubblica.

Ma la politica e l’economia sono stati storicamente nelle mani degli uomini dando loro grande potere che fanno difficoltà a cedere e, quindi, sono stati costruiti stereotipi ad hoc sulle capacità gestionale delle donne condizionando, così, il sentire comune.

Da sempre, quindi, le donne sono costrette a dimostrare le loro competenze ed abilità molto più di quanto venga richiesto agli uomini e poi, troppo spesso, quando hanno ottenuto spazi le donne si sono omologate ad una gestione fredda, arida e d’interesse.

Mantenere un equilibrio di genere nella gestione della società e dell’economia consentirebbe di ampliare i punti di vista favorendo l’incontro di valori di cui sono portatrici le donne con quelli di cui sono portatori gli uomini. Questi valori sono, infatti, diversi per sensibilità ed esperienze di vita vissuta.

Le azioni positive (misure temporanee speciali che, in deroga al principio di uguaglianza formale sono mirate a rimuovere gli ostacoli alla piena ed effettiva parità di opportunità) sono state istituite dalla Comunità Europea del 1984 ma recepite dall’Italia solo nel 1991.

Da allora si è aperto il dibattito sull’equilibrio di genere parlando strumentalmente di quote da riservare e il peggior argomento utilizzato fu quello che “i tempi della politica non sono adatti alle donne”.

Ogni volta che mi veniva – e viene – rivolta una domanda su questo argomento rispondo che i tempi della politica non sono adatti a chi vuole fare anche altro e vivere una vita completa, qui si evince la differenza di valori di riferimento tra donne ed uomini. Unendo questi valori otterremmo un punto di vista completo e a favore dell’intera umanità.

Per tutto questo le leggi parlano di perseguire l’equilibrio di genere riservando una quota al genere meno rappresentato e vengono identificate strategie per il raggiungimento come, nel caso di organi elettivi, la doppia preferenza di genere.

Smettiamola, quindi, di parlare di quote, perseguiamo l’equilibrio in modo complessivo il che richiede, anche, di parlare di competenze e capacità sia per le donne che per gli uomini…concentriamoci sul valore delle persone e sul contributo che possono dare anche in base al loro vissuto es essere di cui il genere è parte integrante.

Concludo con un’affermazione che ripeto spesso: raggiungeremo la vera parità quando per sostituire un uomo mediocre sarà scelta una donna mediocre.