Provo a riflettere su queste giornate anche alla luce del grande carico di lavoro che sopporto tutti gli anni nell’inizio primavera pieno di scadenze.

Mettere un punto (stilare  relazioni annuali, approvare bilanci, valutare progetti) serve sempre per ripartire ma non può prescindere da una valutazione del precedente e, spesso, dalla volontà di cambiare.

La pasqua cristiana cade sempre dopo il primo plenilunio di primavera, in cui la natura si rinnova in modo prorompete, con una violenza silenziosa che ci piace e  ci affascina.

L’apertura di una gemma, la rottura di un bozzolo richiedono un’esplosione di forza e generano cicatrici che, come mi ha scritto ieri una nuova amica, sono il segno lasciato da ferite più o meno profonde che segnano la nostra vita e che riemergono.

Allora mi piace pensare a quest periodo come ad una rivoluzione capeggiata da un “eretico” che ha messo in discussione tutti i poteri, a cominciare da quelli del tempio, che ipocriti gestivano lo status quo.

Una contestazione forte del potere che divide la società in oppressi ed oppressori negando la dignità prima ancora che i diritti ed i doveri che rendono uomini e donne consapevoli della loro unicità che va custodita.

Un uomo che è morto per testimoniare una scelta forte e scomoda allora come oggi, la via della comprensione e dell’accettazione, del riconoscimento profondo dell’altro perché “l’uomo è più importante della legge”.

La vera uguaglianza si costruisce così, rivoltando il mondo e raccontando che saremo liberi solo quando “gli ultimi saranno i primi” e che “ il primo è colui che serve”.

Oggi, come allora c’è bisogno di questa consapevolezza in cui i “poteri” devono essere a servizio degli ultimi invece di costruire una verità a proprio uso e consumo e per mantenere privilegi.

Voglio una Pasqua di libertà, vera e profonda, per ciascuno di noi a prescindere dall’essere credenti in Cristo Salvatore o in Gesù il rivoluzionario o anche cercando dentro di nuoi la forza di essere rivoluzionari a partire dalle piccole cose!